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De-influencing: l'”anti-trend” a vantaggio dell’Influence Marketing

Flu Agency

L’hashtag #deinfluencing, da inizio 2023, ha superato 330M di views e creato 35.5M di engagement su TikTok, afferma Tubular Intelligence. Dalla moda, al beauty, al gaming e all’entertainment, creator e influencer del mondo hanno il potere di creare hype attorno a un prodotto. Spesso il risultato sono vere e proprie vendite di massa attraverso video virali, specialmente sulla piattaforma cinese TikTok.

L’ “anti-trend” – come lo definisce Hello Partner – del de-influencing, infatti, è diventato popolare probabilmente proprio in risposta all’hashtag #TikTokMadeMeBuyIt. Quest’ultimo aveva l’obiettivo di incoraggiare acquisti d’impulso con prodotti presenti in video virali (ma poco autentici) su TikTok realizzati da creator di tutto il mondo. Tuttavia, questo fenomeno ha scatenato la reazione controcorrente di diversi TikTokers, molti dei quali appartenenti alla Gen Z, sostenitori di uno stile di vita più sostenibile ma soprattutto consapevole e sensibile alle problematiche odierne e di cui i social sono in parte responsabili.

QUINDI…che cos’è il de-influencing?

Si tratta di un hashtag, nato sulla piattaforma cinese, che raccoglie video dove viene consigliato da parte dei creator cosa NON comprare e/o raccomandare duplicati di prodotti migliori e/o più economici. 

Per portare un esempio pratico, ecco uno tra i video TikTok più virali sotto l’hashtag #deinfluencing, dove la creator Kayli Boyle, dopo aver mostrato i suoi organizer beauty disordinati, parla di prodotti cult sostenendo: “non hai bisogno di questo! Se desideri qualcosa che idrati davvero le tue labbra, usa Aquaphor”.

Il contenuto, contemporaneamente a incoraggiare gli utenti a risparmiare e comprare meno ma di miglior qualità, scoraggia anche l’acquisto di prodotti di determinati brand, trovando alternative più economiche. 

Finora può sembrare unicamente a vantaggio del consumatore e a discapito di brand e aziende, ma non è così.

L’apparente scia negativa del de-influencing, invita il settore dell’influence marketing (e quindi anche brand, creator e influencer) a riflettere su ciò che si può trarne di vantaggioso. Ma quali possono essere i punti a favore di un “anti-trend”? In effetti, analizzando il fenomeno, si prospettano essere diversi e interessanti per ognuno dei player del settore.

Continua a leggere per scoprirli.


La ricerca di Salesforce di qualche anno fa, afferma che il 77% dei consumatori tiene conto di ciò che un brand sceglie di rappresentare quando decidono di acquistare. Sicuramente si tratta di un dato che torna utile ai marketer proprio in questa sede: rivalutare l’approccio all’Influence Marketing. Prima di tutto, è un invito ad approfondire la fase scounting per assicurarsi di collaborare con creator e influencer autentici, in linea con i brand values e capaci di comunicare un prodotto o un servizio a persone, più che clienti.

Come SFRUTTARE il fenomeno de-influencing nell’ influence marketing? Quali sono gli aspetti su cui riflettere?

Oggi l’autenticità, così come afferma Forbes, è l’asset più importante per un’azienda. Prima di creare nuove partnership, è fondamentale comprendere a pieno la relazione follower-influencer (per approfondire scopri il Report FOLLOWER E INFLUENCER in collaborazione con BVA DOXA). La credibilità vince sul numero di follower!

Tra i KPI più richiesti dai brand (più del 40%), afferma InfluencerMarketing Hub, c’è il tasso di conversione. Oggi scopriamo che chi fornisce maggiori risultati ai brand in termini di conversion-rate e vendite sono i Micro e i Nano influencer. In particolare, Digital Information World riporta che la loro quota di mercato è passata dall’89% nel 2020 al 91% nel 2021. La forza di questi creator sono le loro community verticali; gli utenti si riconoscono facilmente in queste figure grazie alla loro naturale autenticità.

I video-prodotto sotto l’hashtag #de-influencing offrono inevitabilmente la possibilità di acquisire nuovi clienti ai competitor. Supervisionare l’attività del proprio marchio e della concorrenza osservando i prodotti che vengono messi più in discussione, permette di ottenere più informazioni circa: gli interessi del target, nuovi insight, stabilire il corretto posizionamento e monitorare quello dei concorrenti, andando così ad integrare e potenziare la propria strategia.

Questo fenomeno è stato generato in primis dagli utenti e poi alimentato dai creator. Se i brand vogliono impegnarsi con qualsiasi esposizione associata al de-influencing, dovrebbero dare maggior importanza alla gestione della community. Ad esempio, lasciando commenti sotto i post per condividere il loro apprezzamento e supporto. Oppure tenere traccia dei creator che stanno convergendo verso di loro attraverso UGC e considerarli per future collaborazioni.

Anche se il de-influencing sembra non avere vita lunga, traspare un forte desiderio di autenticità ed onestà da parte degli utenti e i brand non possono non considerarlo! Uno dei settori più colpiti è il beauty, nonostante sia ancora in salute, afferma Weird. L’articolo riporta una frase della giornalista Jessica DeFino, la quale sostiene che il de-influencing non riuscirà mai a condizionare davvero l’industria in termini di riduzione del consumismo. Sostenere che i prodotti di bellezza non funzionano non è niente di innovativo, aggiunge la giornalista, anzi, questo trend può solo che aiutare le aziende a lanciare prodotti nuovi, “migliorati” e che soddisfino a pieno le esigenze del consumatore.


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